Oltre i 60. Donne che non si fermano by Gloria Steinem

Oltre i 60. Donne che non si fermano by Gloria Steinem

autore:Gloria Steinem [Steinem, Gloria]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Social Science, Feminism & Feminist Theory, Gerontology
ISBN: 9788868994532
Google: BVv3zgEACAAJ
editore: VandA
pubblicato: 2022-02-21T23:00:00+00:00


Qui c’è una lezione da imparare a proposito di chi viene incoraggiato a coltivare un senso di appartenenza e chi no. Che si tratti di una categoria particolare come quella dei medici, o di quella più generale degli uomini bianchi, i membri di un gruppo dominante vengono educati a credere (per quanto irrazionalmente) che qualsiasi cosa tocchi il gruppo influenzerà anche loro. All’opposto, i membri dei gruppi dominati vengono educati a credere (per quanto irrazionalmente) che ogni individuo possa sfuggire alla sorte del gruppo di appartenenza. Sicché, in un caso viene incoraggiata la coesione, nell’altro caso si alimenta la divisione.

Per esempio, mi sarebbe piaciuto credere che anch’io sarei potuta diventare più radicale e ribelle con l’età, ma l’abitudine di esonerarmi dal gruppo ha avuto la meglio. Con pochi modelli di donne audaci, in grado di non farsi mettere i piedi in testa, trasmessi dai miei libri di storia o dalla mia tradizione familiare (sebbene, in realtà, ne esistessero molte), e con le ribelli più anziane di cui avevo scritto consegnate alla categoria “altre” prescritta dal mio ruolo di giornalista, il mio futuro rimaneva uno schermo nebuloso.

Poiché “radicale” è una parola che spesso si carica di una connotazione altrettanto negativa di quella associata a “invecchiare”, forse è opportuno che io spieghi come mai, pur essendo cresciuta nei moderati anni Cinquanta, sono arrivata a credere che il radicalismo sia una cosa buona. Due esperienze hanno determinato l’accezione positiva che il termine ha per me, una avvenuta una decina di anni prima del femminismo e l’altra legata al modo in cui il femminismo è entrato nella mia vita.

Dopo la laurea, grazie a una borsa di studio partii per trascorrere un anno in India. (Ricordate la mia tattica di rimandare il matrimonio? Bene, l’India non era soltanto un posto che avevo sempre sognato di visitare, ma anche una fuga da un uomo molto gentile e attraente con cui ero fidanzata e che sapevo che non dovevo sposare.) Con mia grande sorpresa, scoprii di sentirmi più a casa e coinvolta in India di quanto lo fossi mai stata in altri paesi diversi dal mio. Finita la borsa di studio, prolungai la mia permanenza per un altro anno lavorando come scrittrice freelance. In quel paese culturalmente così vario che accoglie gli stranieri con la stessa equanimità che per secoli gli ha permesso di assorbire culture straniere senza perdere la propria identità, le studenti del college femminile dell’Università di Delhi mi accettarono come una delle due occidentali che vivevano lì. Mi insegnarono a indossare il sari e da loro imparai più cose sull’India di quanto potessi fare attraverso il curriculum accademico, che era ancora influenzato dal sistema coloniale e collocava l’Inghilterra al centro dell’universo. Nello stesso periodo feci amicizia anche con un gruppo di attivisti e intellettuali molto gentili, noti come Umanisti Radicali. Ascoltando le loro vigorose analisi degli eventi mondiali, imparai che “radicale” non doveva necessariamente significare violento, estremista o folle, come la lettura dei quotidiani statunitensi mi aveva indotta a credere. La parola poteva coincidere esattamente con il significato che si trova sul dizionario: andare alla radice.



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